Con il calo produttivo dell’ex Ilva di Taranto (-5 milioni di tonnellate circa tra il 2013 e il 2023), la filiera si è rivolta all’import e, soprattutto nell’ultimo quadriennio, i prezzi sono lievitati in tutta Europa.
Da queste premesse è partita l’analisi di Mercato & Dintorni, il webinar di siderweb dedicato alla congiuntura siderurgica, che si è tenuto questa mattina.
Il livello produttivo dell’acciaio italiano nel 2023 è stato il peggiore degli ultimi 15 anni, 2020 escluso, con 21,1 milioni di tonnellate (-2,5%, dati Federacciai). I prodotti piani si sono mantenuti su volumi identici a quelli del 2020. «A loro è perlopiù dovuto il calo della produzione nazionale di acciaio» ha spiegato Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb. I prodotti lunghi hanno avuto una performance migliore.
Quanto all’import, nei primi 10 mesi del 2023 (Istat, ultimi dati disponibili) sono arrivati in Italia 10,2 milioni di tonnellate di prodotti piani (-1 milione rispetto allo stesso periodo del 2022) e 2,3 milioni di tonnellate di lunghi (-200mila tonnellate). Nello stesso periodo, l’Italia ha esportato 5,1 milioni di tonnellate di piani (+300mila tonnellate) e 5,2 milioni di tonnellate di lunghi (-200mila tonnellate).
In questo quadro, il consumo apparente tra gennaio e ottobre 2023 è sceso di 1,8 milioni di tonnellate, di cui 1,3 a carico dei piani, persi soprattutto nel primo semestre, e 500mila dei lunghi.
«Stiamo registrando movimenti di mercato che mostrano un riposizionamento dei prodotti piani rispetto al passato e anche nel loro stesso segmento, che andranno verificati nei prossimi anni – ha spiegato Ferrari -. In termini di volumi e prezzi, attualmente i piani sono nettamente al di sopra del valore medio pre-Covid di circa 250 €/t e i loro derivati hanno aumentato il differenziale con la materia prima, i coils a caldo. Livelli di prezzo che potrebbero venire riassorbiti o diventare strutturali».
Il mercato europeo dei piani
Dopo aver sfiorato i 600 €/t lo scorso ottobre, i prezzi dei coils a caldo in Nord Europa hanno fatto registrare una ripresa, sostenuta essenzialmente da un aumento dei costi delle materie prime; a cui si aggiunge un miglioramento del sentiment dopo un lungo periodo di debolezza della domanda. Tra novembre e gennaio, il principale produttore europeo, ArcelorMittal, ha alzato le proprie offerte quattro volte. Tuttavia, l’ultimo prezzo-obiettivo (800 €/t) non è ancora stato raggiunto, con i prezzi che sono rimasti per ora attorno ai 750 €/t. Lo ha illustrato Emanuele Norsa, analista di Kallanish e collaboratore siderweb.