Forse è vero che si fa gruppo solo quando c’è un pericolo comune. Forse è anche vero che noi italiani siamo individualisti e, contrariamente ai Paesi d’oltralpe, tendiamo a non considerare come nostro il bene comune, la “res publica”, lasciando spesso e volentieri che pochi ne traggano il beneficio a scapito di molti. Fatto sta che è proprio da un’iniziativa italiana che è nato il consorzio europeo ECAP, considerato un caso unico nel panorama europeo.
La particolarità di ECAP sta nel fatto che i suoi soci non sono aziende di una sola nazione capitanate da poche grandi; non sono neanche associazioni nazionali riunite in un “ombrello” europeo per fare lobby.
ECAP è fatta da singole aziende di diverse nazioni europee, che per statuto devono essere solo ed esclusivamente piccole o medie aziende.
Per statuto, la quota annuale è uguale per tutti e non dipende dal fatturato, e gli organi del consorzio sono gestiti a rotazione dagli esponenti delle PMI europee associate.
Altro aspetto atipico: il consorzio non si occupa di aspetti commerciali o di marketing ma solo ed esclusivamente di leggi e stesura di norme europee di uno specifico settore dell’edilizia: il settore del fissaggio.
L’approccio di ECAP è, per diversi aspetti, avanti di 20 anni nel panorama europeo: saltando oltre la loro realtà nazionale, le aziende si trovano ad avere a che fare direttamente, e senza mediazione dei loro organismi nazionali, con l’Europa: leggi europee, norme europee, approccio europeo. Ma perché delle aziende dovrebbero investire denaro in questo esercizio europeo? Una marcatura CE nel nostro settore costa dai 40.000 ai 250.000 euro. Sono veri e propri progetti di ricerca che coinvolgono 3 o 4 partner tecnici europei: dal laboratorio che testa, all’ente che scrive il report di valutazione, a chi rilascia l’ETA e a chi rilascia il certificato per il CE.
Per esportare i prodotti ad armi pari con le grandi, colmando la disparità di potenza marketing, bisogna imparare ad agire in anticipo per difendere e far valere il proprio background tecnico in ambiti dove di solito una piccola e media azienda, da sola, non può neanche sognare di accedere: i tavoli normativi europei. Riuscire a sapere in anticipo cosa bolle in pentola, come si evolve una norma tecnica o una legge europea infatti vuol dire tirare la coperta del bene comune europeo più dalla propria parte, ed agire in anticipo sul mercato.
Le norme infatti non piovono dal cielo, né sono una scienza esatta. Sono scritte da aziende e da organismi coinvolti nella certificazione dei prodotti. Non fare parte di questo gioco può costare molto caro alle piccole aziende. Termini come “sicurezza”, ad esempio, sono ottimi per il marketing e sicuramente rassicuranti per l’utilizzatore finale, ma dietro la parola ci sono lotte tecniche e compromessi economici. Se una norma è scritta da qualcuno che non conosce la realtà produttiva di una piccola azienda, o da uno stato membro che vede solo la propria realtà nazionale, il risultato può essere l’eliminazione di un certo processo o di un certo componente, cosa che mette in ginocchio una piccola azienda. Se una norma è scritta bene, sarà inclusiva e farà crescere la qualità del prodotto.
Per questo dove c’è un tavolo di discussione su sistemi di fissaggio strutturale, viti per legno e per calcestruzzo, chiodatrici a sparo, ancoranti chimici, plastici e meccanici, c’è anche ECAP. E se a monte di queste discussioni c’è una legislazione europea, allora ECAP siede al tavolo dove viene creata, discussa e implementata, per capire, e trasmettere ai suoi tecnici, lo spazio di manovra legale che si ha quando si scrivono le norme tecniche.
ECAP apre le porte dei tavoli tecnici CEN ed EOTA ai suoi soci. L’azienda che lo desidera affianca un suo tecnico al personale ECAP nelle riunioni europee. Il patto è: portare tutto quanto detto ai tavoli, e i relativi documenti e discussioni, nel consorzio per essere discusso nelle riunioni tecniche. In ECAP quindi le norme tecniche non si discutono a posteriori: si scrivono. Tutti insieme. Litigando, ovviamente, e raggiungendo compromessi.
Se non si è sicuri di un dato tecnico, bisogna finanziare una ricerca ad una università per avere dei risultati e dei dati certi. Se la norma è complessa, come ad esempio l’Eurocodice 2, si dividono i costi di un programma di calcolo estremamente complesso, che va gestito e continuamente aggiornato seguendo l’evoluzione delle norme europee. Una cosa è copiare una formula; un’altra è spiegare al tuo cliente il ragionamento tecnico e legale che c’è dietro.
In ECAP la differenza fra le aziende non la fa il fatturato o la rete di vendita, ma la capacità tecnica e l’investimento nell’attività del consorzio. In pratica, non solo i soci pagano per essere associati, ma ci lavorano anche parecchio. Vince quindi chi ci mette più testa, un tecnico in gamba, più tempo e più impegno, chi viene agli incontri tecnici di formazione organizzati dal consorzio, chi dice la sua e partecipa direttamente alla stesura delle norme, chi compartecipa a più progetti di ricerca, chi investe in servizi condivisi high tech.
Le PMI hanno un grande vantaggio rispetto alle grandi: l’elasticità. Una volta un tecnico italiano ha mandato una email a mezzanotte, pur di riuscire a dare il suo contributo tecnico quando c’erano solo 6 ore per farlo.
E…sorpresa: un collega spagnolo ha risposto alle 2 di notte, e un collega danese ha integrato entrambe le risposte alle 5:45 del mattino! Il giorno dopo alle 9 il documento tecnico ECAP era pronto per essere spedito all’ente europeo.
Il lavoro di gruppo delle PMI ha anche un altro vantaggio: la rete delle istituzioni. Da 14 anni ECAP tesse una minuziosa rete di presenze nei gruppi di lavoro tecnici europei, collegando laboratori a istituzioni tecniche e di certificazione. ECAP crea cocktails di 3-4 istituzioni tecniche per ogni progetto di marcatura.
Le aziende ECAP non sono quindi in balìa, ma sono nella posizione di valutare a loro volta i loro certificatori e laboratori secondo i criteri del consorzio: affidabilità tecnica, onestà, approccio “PMI-friendly”, e sono svincolate dai loro enti nazionali.
Cosa buona, altrimenti le piccole e medie aziende italiane del settore sarebbero state escluse dal mercato europeo già 10 anni fa.
La lingua? Non è mai il vero problema.
Quando si parla la stessa lingua tecnica ci si capisce anche con le mani; non importa se l’inglese non è Oxford. E se un laboratorio o una istituzione tecnica europea si dimostra tecnicamente o eticamente inaffidabile? Entra in campo il consorzio. E se il partner è ritenuto in torto, il tam tam degli associati bolla l’organismo e di fatto lo espelle dalla rete delle aziende ritenute credibili. In questo modo il consorzio garantisce non soltanto l’affidabilità tecnica delle marcature CE dei suoi consorziati, ma agisce da bilancia per mantenere un equilibrio europeo, indispensabile per il libero mercato. Se no in Europa nel nostro settore ci sarebbero state solo Francia e Germania.
In un momento in cui il sistema EOTA è in crisi e il futuro degli ETA è incerto, quello che resta tangibile per i soci ECAP è la credibilità tecnica ed operativa guadagnata dal loro modus operandi in Europa.
Una credibilità che per le istituzioni europee e per gli organismi tecnici normativi è riassunta nel nome e nel logo ECAP. Senza nessuna operazione di marketing, il nome del consorzio è diventato sinonimo di approccio tecnico ed etico. La sfida per i soci sarà ora cogliere anche questo frutto della loro attività.