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Le nuove sfide fiscali per il commercio grossista e le rivendite

Le nuove sfide fiscali per il commercio grossista e le rivendite

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Ecco alcune anticipazioni dell’intervista pubblicata su Ferrutensil Settembre, in uscita a breve, a Fabio Bascherini, dottore commercialista specializzato nella consulenza di direzione, pianificazione fiscale, crisi di impresa e finanza agevolata.

 

L’introduzione del Nuovo Codice della Crisi di Impresa – D.lgs 14/2019” pone nuovi obblighi alle imprese con l’obiettivo di anticipare l’emersione della crisi d’impresa, contrastando la tendenza usuale dei debitori a procrastinare ogni intervento di risanamento dei propri conti. Ne parliamo con Fabio Bascherini, dottore commercialista specializzato nella consulenza di direzione, pianificazione fiscale, crisi di impresa e finanza agevolata e docente presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa e Relatore in Assofermet Forum il 26 settembre prossimo a Milano…

 

Il nuovo articolato dedicato alla Crisi di impresa si compone di norme che sono già entrate in vigore, il 15 marzo 2019, e di norme che entreranno in vigore il prossimo anno, precisamente il 15 agosto 2020 perfezionando la legislazione in materiale con le nuove disposizioni riguardanti i soggetti sovraindebitati, l’abbassamento dei valori per l’obbligo del collegio sindacale e revisori contabili, le previsioni riguardanti le procedure concorsuali di gruppo, i piani di risanamento, gli accordi di ristrutturazione dei debiti, il nuovo concordato preventivo e molti altri temi di interesse finanziario ed economico. Considerando che la rischiosità delle imprese fallite è risultata sempre maggiore: quasi l’80% erano infatti considerate rischiose due anni prima della dichiarazione di fallimento.

 

Entriamo nel dettaglio di questi temi in un ampio articolo in uscita nel prossimo numero di FERRUTENSIL, ecco alcune anticipazioni…

Quali novità per gli imprenditori sono inserite nel Nuovo codice della Crisi di Impresa, entrato in vigore in parte in Marzo 2019?

Per quel che riguarda quelle già operative, si può notare come si tratti prevalentemente di norme volte ad incentivare comportamenti attivi da parte dell’imprenditore e del management, pretesi per percepire tempestivamente i segnali della crisi e, così, mitigarne gli effetti. La disposizione “quadro” è contenuta nel nuovo art. 2086 c.c. ove si prevede che ogni imprenditore, non importa se operi in forma societaria o collettiva, se sia “piccolo” o “grande”, assicuri alla propria impresa un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla sua natura e alle sue dimensioni e serva proprio alla rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale; l’art. 2 del nuovo CCII introduce apposita definizione del concetto di crisi (diverso da quello di insolvenza) e l’art. 13 dello stesso codice prevede la identificazione di specifici indici e indicatori della crisi, che ogni imprenditore è obbligato a “calcolare” per testare il proprio stato di “salute” aziendale; ancora l’art. 2086 del cc, poi, obbliga l’imprenditore ad attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. In questo modo si va oltre l’obbligo binario declinato dall’art. 2447 c.c. in termini “ricapitalizza o liquida” e “ricapitalizza o trasforma” e si introduce un terzo elemento, rappresentato appunto dall’obbligo di attivarsi per affrontare precocemente la (potenziale) crisi e, così, attutire gli effetti che essa può provocare a danno degli stakeholders dell’impresa. In altri termini: l’imprenditore può trovarsi nella condizione di dover utilizzare uno degli strumenti disciplinati dal nuovo codice della crisi e dell’insolvenza di impresa (come il nuovo concordato preventivo, il nuovo piano attestato o l’accordo di ristrutturazione dei debiti). A questi obblighi, che costituiscono il “fronte interno” all’impresa delle cosiddette “misure di allerta” (che rappresentano la grande novità del nuovo codice concorsuale e culminano nell’art. 14 CCII, con l’obbligo di “denuncia” all’OCRI a carico degli organi di controllo), si affiancano quelli “esterni” ad essa, rappresentati dagli obblighi di “denuncia” che graveranno sui creditori pubblici “qualificati” (Agenzia delle Entrate, Agenzia della Riscossione, INPS) ogni qualvolta l’esposizione debitoria dell’imprenditore per tributi e contributi superi determinate soglie (art. 15). La segnalazione in questione dovrà essere inoltrata agli istituendi OCRI (artt. 16 e succ. CCII), organismi costituiti presso ciascuna CCIAA con il compito di ricevere le segnalazioni interne ed esterne di cui ho appena detto, di gestire il procedimento di allerta e assistere l’imprenditore, su sua istanza, nel procedimento di composizione assistita della crisi (artt. 19 e succ. CCII). Insomma, le novità sono tante e tutte penetranti.

 

Cosa ha determinato, a suo avviso, l’introduzione della nuova normativa da parte del Legislatore?

 La presa d’atto dei risultati inadeguati, in termini di soddisfazione per i creditori, che hanno mostrato le numerose operazioni di maquillage della legge fallimentare del 1942, succedutesi in modo quasi parossistico dalla prima riforma del 2005/2006 e, dunque, la necessità di perseguire in modo più determinato l’obiettivo di anticipare l’emersione della crisi d’impresa, contrastando la tendenza usuale dei debitori a procrastinare ogni intervento di risanamento dei propri conti. Ovviamente ciò è dipeso soprattutto dall’enorme accumulo di crediti deteriorati (NPL) nei bilanci delle banche italiane: Banca d’Italia ha pubblicato molti lavori che dimostrano come l’esame dei dati di bilancio delle imprese soggette alle procedure esaminate evidenziano che, in base allo scored di Cerved, calcolato sulla base dei bilanci relativi all’esercizio di due anni prima a quello di apertura della procedura, tra le imprese ammesse al concordato, la quota di quelle considerate «rischiose», era pari al 63,3%, mentre il 30,3% era classificata «vulnerabile» e solo il 6,4% erano classificate «sicure».  La rischiosità delle imprese fallite è risultata sempre maggiore: quasi l’80% erano infatti considerate rischiose due anni prima della dichiarazione di fallimento.

 

Al fine quindi di salvare le imprese in difficoltà e prevenire le pesanti “sofferenze” che hanno generato voragini nei patrimoni bancari (e fatto fallire ben sette grandi istituti negli ultimi due anni) si è deciso quindi di disciplinare compiutamente la fase crepuscolare (la cosiddetta twilight zone) della vita delle società e degli enti soggetti alle procedure del Codice della crisi, con un duplice obiettivo:

  1. a) arginare l’emorragia di risorse usualmente disperse in vari rivoli e in iniziative disperate, nell’intento di mantenere un maggior valore alle imprese meritevoli che attraversano una crisi,
  2. b) consentire a queste imprese di proseguire l’attività dopo la fase di risanamento cd. “assistita” (affidata ad organismi di composizione all’uopo formati presso le CCIAA).                  Quali sfide fiscali affronterà il comparto del commercio e le imprese che operano sia nel grossismo sia nel dettaglio?Si tratta soprattutto di un processo che deve compiersi attraverso alcune fondamentali direttrici: la digitalizzazione, l’e-commerce, la gestione dei crediti (specialmente per i grossisti), la gestione delle scorte, il rapporto con il mondo bancario. Queste sono le tematiche che nascondono le maggiori insidie, non solo per le imprese del settore.

(continua…)