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Logistica e acciaio: si va verso un “never normal”

Logistica e acciaio: si va verso un “never normal”

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Costi e tempi sono tornati al livello pre-pandemico, ma il comparto è alle prese con una nuova complessità e una catena di approvvigionamento e distribuzione del tutto diversa.


Se ne è parlato lo scorso 18 luglio nel webinar di siderweb: i costi e i tempi di percorrenza e consegna, dopo gli incredibili aumenti dell’ultimo biennio che hanno messo in seria difficoltà la filiera siderurgica mondiale, si sono ormai assestati sui livelli pre-pandemia, con cali annuali fino al 70% per il bulk carrier e fino all’87% per i container. Ma il trasporto marittimo non è davvero tornato alla normalità.
Secondo Gian Enzo Duci, amministratore delegato di Esa Group e docente di Economia marittima all’Università di Genova, intervenuto al webinar di siderweb dal titolo “Logistica: tra mercato e rivoluzione green”, prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina hanno cambiato tutto. «Non abbiamo più la disponibilità di determinati mercati, alcune produzioni si sono spostate: ciò ci chiama a gestire in modo diverso la catena di approvvigionamento e distribuzione. Ciò che abbiamo dato per scontato negli ultimi 50 anni, cioè il libero accesso ai mari, soprattutto dopo la caduta del muro Berlino, oggi ci lascia qualche perplessità – ha affermato Duci –. Il Mar Nero ne è un esempio. E ci sono timori che anche il Mar Cinese Meridionale possa avere qualche problema in prospettiva futura: pensate a quanto successo nel periodo di maggiore scontro tra Cina e Taiwan, quando il canale tra i due Paesi non era sostanzialmente percorribile dalle navi, pur essendo tra i più frequentati al mondo».

 

Lo shipping, poi, oggi «sembra essere al servizio di una globalizzazione diversa, con un maggior ruolo del “friendshoring”, con problemi maggiori nei collegamenti per l’accesso ai mari» e scambi complicati dal nuovo protezionismo, che ha creato una situazione completamente nuova e diversa.

 

Altra grande sfida del comparto è la decarbonizzazione. Ci sono stati nei giorni scorsi delle modifiche rispetto al quadro regolativo, con l’International Maritime Organization che ha variato il suo documento programmatico sulla decarbonizzazione, fissando l’obiettivo delle zero emissioni a «circa il 2050». Ma, ha sottolineato Duci, «restano grosse incognite» e a oggi «non abbiamo le tecnologie per decarbonizzare il trasporto via mare nella misura che ci si è fissati».

 

Un punto non è in discussione: «Il trasporto via mare costerà di più anche di fronte a un mercato che oggi sembra aver trovato un nuovo equilibrio tra domanda e offerta, molto simile alla fase pre-pandemica e pre-guerra in Ucraina. Un maggior costo che probabilmente non sarà quello toccato nel 2021 e 2022, ma che sicuramente non potrà essere quello dei giorni attuali».

 

È entrato nell’era del “never normal” anche il comparto della logistica in generale, che in Italia vale l’8% del Pil nazionale (116,4 miliardi di euro nel 2020), conta circa 82mila aziende fornitrici di servizi logistici e dà lavoro a oltre 1,4 milioni di addetti. «È un eufemismo definire complesso questo mercato, continuamente sotto stress – ha detto Massimo Marciani, presidente del Freight Leaders Council –. Il Covid, la nave che si è incagliata nel Canale di Suez, il conflitto in Ucraina l’hanno fatto entrare in una dinamica di complessità nella quale ciò che abbiamo conosciuto prima del Covid, con una certa stabilità, sta mutando in quello che viene definito “never normal”. La situazione non sarà mai più uguale al mercato che abbiamo conosciuto e ai trend consolidati nel tempo».

 

«Non registriamo solo una carenza di autisti e di manodopera – ha sottolineato Marciani –, ma anche di figure professionali avanzate, che siano in grado di gestire la complessità del settore. Penso a chi si occupa di intelligenza artificiale, di data anlaysis, di digitalizzazione e automazione». Perché la logistica «si sta trasformando da “muscolare” a “cerebrale”. La logistica 4.0 viene costruita attraverso automazione, digitalizzazione e analytics. E il fattore umano non è secondario in questo scenario». In questo contesto, «dobbiamo aprirci a una visione di tipo strategico. È necessario creare un ecosistema di collaborazione con i fornitori e con i clienti finali. L’obiettivo è arrivare a collaborare anche con i nostri concorrenti». Nel caso dell’acciaio, «serve una visione di filiera».