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Pagamenti elettronici: una “fotografia” dei costi delle commissioni

Pagamenti elettronici: una “fotografia” dei costi delle commissioni

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Considerazioni dell’Osservatorio Innovative Payments sul Protocollo di Intesa per la “mitigazione e la comparabilità dei costi di accettazione di strumenti di pagamenti elettronici”.

L’obbligo di accettare pagamenti elettronici, imposto a tutti i venditori di prodotti e servizi da una legge del 2012, spiega sia la presenza di oltre tre milioni di POS (Point of Sale) in Italia – quantità che ci attribuisce il primato europeo – sia la sensibilità di imprese e professionisti riguardo ai costi. Recentemente è stato segnalato come un dato positivo che «l’interesse degli intermediari allo sviluppo delle interfacce applicative per l’open banking, previste dalla seconda Direttiva sui servizi di pagamento (PSD2) per l’accesso ai conti di pagamento da parte delle cosiddette “terze parti”, sta gradualmente favorendo la concorrenza anche grazie all’ingresso di nuovi operatori sul mercato». come sottolinea di Salvatore Vescina, Responsabile del settore credito, incentivi e politiche di coesione di Confcommercio.

 

Per cogliere appieno i vantaggi dell’innovazione digitale dei servizi di pagamento (in senso ampio) e, in prospettiva, dell’Euro digitale (i cui costi sembrano proprio vengano posti a carico degli esercenti), gioverebbero maggiori progressi sul versante delle dinamiche competitive. Soprattutto sarebbe utile conseguire presto un’adeguata comparabilità dei prezzi che le norme attuali, a differenza di quanto previsto per gli altri servizi bancari e finanziari, non assicurano più. Questo non era certo l’intento del legislatore quando, nel Testo Unico Bancario (TUB), ha stabilito che i fogli informativi contenessero «un elenco completo di tutte le spese, oneri e commissioni a carico del cliente» e una «chiara distinzione delle singole voci».

 

Nel tempo l’innovazione tecnologica e dei modelli di business ha portato a una vasta diversificazione dell’offerta di servizio e dei criteri di pricing, sicché queste disposizioni fanno sì che gli operatori possano arrivare a pubblicare centinaia di voci di costo difficilmente confrontabili (nell’assenza di standard). Peraltro, nei fogli informativi va riportato solo il costo massimo e non l’effettiva offerta al mercato. Un siffatto livello di complessità è decisamente sproporzionato, sicuramente per i microimprenditori italiani i cui livelli di educazione finanziaria sono subottimali e che la normativa di recepimento della PSD equipara espressamente ai consumatori, anche ai fini della trasparenza delle condizioni e dei requisiti informativi.

 

Nei settori ad elevato contenuto tecnologico può accadere che il diritto debba inseguire la realtà fattuale e, infatti, proprio per innescare un cambiamento nello scenario appena descritto, la legge di bilancio per il 2023, all’art. 1, commi 385 e ss., ha tra l’altro «istituito un tavolo permanente fra le categorie interessate preordinato a valutare soluzioni per mitigare l’incidenza dei costi delle transazioni elettroniche di valore fino a 30 euro a carico degli esercenti attività di impresa, arti o professioni che presentino ricavi e compensi relativi all’anno di imposta precedente di ammontare non superiore a 400.000 euro».

Il risultato del negoziato tra le parti, avvenuto presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, è il Protocollo di Intesa firmato il 27 luglio 2023 tra i rappresentanti degli esercenti e quelli degli operatori dei servizi di pagamento. Questo accordo ha segnato un progresso importante, perché, in analogia con una soluzione consolidata (l’Indicatore dei Costi Complessivi dei conti di pagamento), ha permesso di sperimentare uno schema sintetico standardizzato per le numerose offerte (ri)pubblicate in un unico sito web (grazie al supporto del CNEL) per facilitarne il confronto. Chiaramente, si tratta di un documento non vincolante, ma adottato da molti operatori, che si aggiunge ai “fogli informativi” perché ha contenuti e fini diversi.

 

I principali limiti dell’esperimento erano noti in anticipo a tutte le parti (cui vanno attribuiti gli aspetti positivi insieme a quelli non ottimali del Protocollo): sono considerate solo le offerte promozionali, pubblicizzabili per almeno sei mesi e della durata di almeno nove mesi, riservate a professionisti e imprese con fatturato fino a 400.000 euro. Tuttavia, considerandolo un test, gli elementi di valutazione raccolti sono significativi sia per quantità che per qualità. Confcommercio, dopo aver condotto proprie analisi preliminari sui dati di attuazione disponibili, ha richiesto all’ Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano – riconosciuto centro di competenza sui pagamenti elettronici – una valutazione tecnica più accurata, indipendente dalla visione della nostra Confederazione, da mettere a disposizione di tutti gli interessati (qui il documento completo in pdf).

 

Le principali richieste di approfondimento sottoposte al Politecnico, in relazione all’attuazione del Protocollo di Intesa, sono state:

  • analizzare le offerte commerciali pubblicate sul sito del CNEL per valutarne (per quanto possibile) gli effetti sulla concorrenza, con particolare riguardo ai costi per gli esercenti. Va segnalato, che sugli effetti del Protocollo, in una prospettiva diversa ed ex ante, si è pronunciata anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
  • ricercare possibili margini di miglioramento dello schema sintetico di esposizione dei costi.

I principali risultati dell’analisi, nella prospettiva di Confcommercio sono due:

  1. il primo, senza precedenti in Italia, è una quantificazione certa dei prezzi proposti da un vasto numero di prestatori dei servizi di pagamento al cluster degli imprenditori e dei professionisti con minore potere contrattuale. Finora tutte le analisi del fenomeno si erano basate su survey presso gli esercenti oppure presso operatori dei servizi di pagamento, con risultati (spesso stime per approssimazione) condizionati dalla ben diversa base informativa;
  2. il secondo è che l’esperimento è riuscito. La “tassonomia prototipale” utilizzata per l’esposizione sintetica dei costi è sicuramente migliorabile ma ha comunque prodotto l’effetto desiderato: dimostrare che la comparabilità dei costi è possibile anche per gli strumenti di pagamento.

 

Confcommercio, considerando i risultati ottenuti, esprime soddisfazione per gli esiti del Protocollo e desidera ringraziare tutti i sottoscrittori che hanno contribuito alla sua definizione e implementazione su larga scala. Allo stesso tempo ritiene necessario andare oltre l’accordo che, ormai, è in scadenza. In particolare, nella prospettiva di un nuovo Protocollo o di un intervento del policy maker, propone di ampliare il perimetro di riferimento oggettivo (includendo le normali offerte commerciali) e soggettivo (ampliando l’intervento almeno a tutte le micro e piccole imprese, prescindendo dal fatturato e ragionando per classi di valore transato). D’altra parte, in più ambiti gli strumenti elettronici di pagamento sono già più diffusi del contante e, visto questo trend, è opportuno assicurare – presto seppur gradualmente – un’adeguata comparabilità dei costi che consenta (anche ai fornitori di pagamento più competitivi) di cogliere le opportunità di un mercato con più concorrenza.

 

Va quindi sottolineato che i sottoscrittori del Protocollo (all’art.2) hanno unanimemente espresso «l’esigenza che venga aggiornata la normativa di riferimento» definendo una modalità di rappresentazione semplice e sintetica dei costi – in analogia con la normativa prevista per i conti correnti – e un sistema di monitoraggio e valorizzazione delle informazioni. L’auspicio è che, su questi temi, gli spunti di riflessione offerti dalla valutazione indipendente del Politecnico possano arricchire il dibattito pubblico e il confronto, tra le parti e con le Istituzioni, conducendo a soluzioni equilibrate più efficaci, nell’interesse collettivo.